L’oceano, un tuffo nell’immensità del sogno che si rivela.
Il mio viaggio fotografico in Algarve è stato un’esperienza unica tra luce, oceano e paesaggi mozzafiato. Alzarsi al mattino e camminare sulla spiaggia, dove numerose ed enormi conchiglie apparivano e scomparivano, cullate dalla marea… La luce del giorno che si affacciava lasciando andare lentamente l’oscurità della notte aveva qualcosa di magico e irreale che permeava tutto.
Camminavo cercando di percepire ogni singolo movimento, suono, odore, colore. Ogni passo era un respiro condiviso con l’oceano, una pausa paradisiaca sospesa nel tempo. La luce cambiava costantemente e con lei mutava anche il mio sguardo. Il mare sussurrava un’atmosfera unica, irreale, che mi avvolgeva e mi invitava all’ascolto.
L’oceano entra nell’anima, ne assapora la profondità e ti lascia un sogno magico.


Le scogliere, la luce e il respiro dell’oceano

Le spiagge non erano tutte uguali. Ogni mattina mi svegliavo guardando dal mio albergo verso il mare di fronte Meu Praia, distesa e silenziosa, con le sue sfumature dorate che cambiavano a seconda dell’ora e del respiro del vento. Durante il giorno visitavo le scogliere, tutte diverse, tutte uniche e speciali.
Alcune racchiudevano piccole baie segrete dove il mare si insinuava tra le rocce levigate dal tempo; altre si aprivano maestose sull’infinito, con archi di pietra e falesie che sembravano scolpite dalla luce stessa.
La natura lì è incontaminata, viva, autentica. Ogni scogliera racconta una storia antica fatta di acqua, vento e silenzio. La luce dell’Algarve è diversa da qualsiasi altra: dorata, luminosa, leggera, liquida, capace di avvolgere ogni forma e restituirle un’anima. Nei miei scatti cercavo di catturare quell’essenza mutevole — la linea sottile tra realtà e sogno — ma presto ho capito che non si può davvero fermare la luce, si può solo inseguirla, lasciarsi attraversare da lei.

Fotografare in Algarve significava inseguire la luce nel suo continuo mutamento.
Fotografare in Algarve: luce e mare in continua trasformazione

Il viaggio fotografico in Algarve, inseguendo l’orizzonte colorato di rosso e arancione mentre il sole nasce, una piccola macchia che appare lontana, poi prende forma, cresce e vola sempre più in alto, infrangendo il buio. La luce diventa armonia, accarezza l’aria e inonda l’oscurità, baciandola con dolcezza, salutandola per poi ritrovarla, più tardi, in serata. È un dialogo tra innamorati: la luce, il buio, e l’oceano, con la sua immensa bellezza, danza tra loro come un complice silenzioso. Due amanti danzanti che si lasciano per poi ritrovarsi, scambiandosi promesse — solo promesse — scritte nelle conchiglie, nelle onde che appaiono e scompaiono. È un libro eterno che parla di infinito.
La mia fotografia diventa spettatrice di questa lunga e unica storia d’amore. La mia macchina registra i loro sospiri: tecnicamente resto in ascolto, rapita, leggera.
La natura, così selvatica e viva, si accende dei colori infuocati dal sole, e io resto lì, testimone silenziosa, cercando di imprimere nell’immagine l’anima di quel respiro.

Ogni scatto è un frammento di silenzio, un incontro tra me e l’oceano. Il tempo scritto nelle conchiglie

La macchina fotografica è il mio strumento per ascoltare, non per dominare. In quei momenti la fotografia smette di essere rappresentazione, diventa presenza pura, un’estensione del mio sentire. La luce del Portogallo è un mistero che si lascia intuire solo per un istante, come un respiro che sfugge. Eppure, in quell’attimo sospeso, tutto trova senso: l’arte, la vita, l’attesa. È lì che comprendo che la fotografia non è fermare il tempo, ma abbracciarne l’essenza.
Le spiagge diventano libri, pagine di sabbia dove milioni di conchiglie si posano e si muovono nella luce poetica della notte che si fa giorno. Tutto appare e scompare, in un continuo respiro del mare… Ogni cosa è unica, irrimediabilmente irripetibile, come il tempo che vola via e non tornerà mai più. L’unicità di quei momenti vive ancora oggi nella mia anima. Il tempo scorre, eppure quegli attimi restano scolpiti dentro di me, oltre il tempo, oltre la morte. Sono la memoria viva di ciò che ho visto, di ciò che ho sentito, la prova che la fotografia non cattura la vita, la trasforma in eternità.


Un dialogo di luce e musica
L’intera esperienza si accompagna alle note di “In un’altra vita” di Giovanni Allevi.
Una musica che non accompagna soltanto, ma respira insieme alle immagini: una carezza sonora che amplifica il sentire, un continuo divenire, con la luce oltre la luce per ritrovarsi oltre il tempo, oltre la morte…
ascolta la colonna sonora consigliata
https://www.youtube.com/watch?v=NwM4ajjPrzI
© Marian Zucca – Tutti i diritti riservati.
Testi e fotografie di proprietà dell’autrice.
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